Per introdurvi questa nuova figura professionale che è in primis un corpo di Polizia, condivido i contenuti
di un'intervista che ho somministrato ad un agente di polizia
penitenziaria con una notevole anzianità di servizio.
Si tratta di
un agente con 33 anni di servizio alle spalle, anzianità di servizio
cui ha dato lustro sovente nel corso del nostro colloquio.
Ho chiesto di edulcorarmi
rispetto al suo modo di rapportarsi con i detenuti; la prima parola
che ha menzionato, con fermezza, è stata “Rispetto” spiega che
tutto il rapporto parte da questo concetto! in quanto i minori
ristretti sono persone, prima che detenuti.
L’agente ritiene non
debbano mai mancare tre elementi fondamentali nel rapporto con i
reclusi, i quali elementi, si rivelano necessari per poter svolgere
la sua professione nel lungo periodo, ovvero: RISPETTO, DIALOGO e
BUON SENSO. Sottolinea il fatto che se viene meno una sola di
queste tre componenti è utile cambiare mansione per la propria
salubrità psichica e per il bene dei detenuti che sono soprattutto
minori in crescita.
Spiega che, per potersi
rapportare correttamente con i minori è utile lasciare i problemi
personali fuori dall’ IPM in quanto, in un contesto del tutto
particolare come quello intramurario, di per sé chiuso, tali
tensioni rappresenterebbero una miccia pronta ad innescare un caos
interno alla struttura stessa.
A questo proposito, narra
che, durante la sua carriera lavorativa ha vissuto un momento particolarmente
difficile, causato da fattori extralavorativi. In quel momento ha capito che tali problematiche avrebbero avuto delle ripercussioni altrettanto negative
nel contesto lavorativo e che era giunto per lui il momento di
prendersi una pausa, per tornare serenamente al suo lavoro.
Ho cercato di rinforzarlo
in questo senso poiché, accorgersi di “non farcela”, oltre che
un punto d’inizio è un punto d’arrivo. Una conquista frutto di
riflessione personale.
L'intervistato, è un agente che
entra nella cella, si siede nella branda con il detenuto, sa
ascoltarlo, permette lui di aprirsi e di parlare (si tratta spesso di
minori con un background personale fatto di deprivazioni, violenze,
abbandoni, cui spesso non hanno dato voce). Il tutto sempre
all’interno di un confine, una linea di demarcazione necessaria,
(tu detenuto, io agente, ma entrambi persone umane) utile per creare
un clima di rispetto.
Racconta di non accettare che i giovani
appoggino la mano sulla sua spalla. Spiega che, a suo avviso, farsi
appoggiare la mano sulla propria spalla dal minore, simboleggi la
sua sottomissione all’autore di tale gesto, fatto questo, del tutto
inaccettabile. Verrebbe meno la differenza di ruolo, quella giusta
distanza, il rispetto dell’autorità che invece deve essere riposto
in un agente, e più in generale nelle persone.
Le situazioni di tensione
possono essere arginate mediante l’uso della forza fisica, ma si
tratta dell’estrema ratio.
Ho chiesto perché alcune
volte gli agenti indossano l’uniforme e altre volte no. Ha spiegato
che per non “traumatizzare i detenuti”, gli agenti in sezione non
la indossano e che c’è un decreto a riguardo.
Gli agenti che indossano
l’uniforme sono invece quelli collocati in portineria, ufficio
matricola e ufficio comando. L'intervistato sottolinea che comunque sotto alla
divisa c’è una persona (ha portato la sua mano al cuore,
battendola).
Sostiene che gli agenti
di polizia penitenziaria siano sottoposti a tensioni particolari, le
quali possono avere effetti marcatamente negativi per la sanità
mentale personale. Per questa ragione i loro turni lavorativi coprono
una fascia oraria di durata massima non superiore alle 6 ore.
Mi sembra doveroso ricordare le vittime del terremoto nelle Marche, e ringraziare tutte le persone che a diverso titolo si sono messe a disposizione per aiutare concretamente, con le proprie mani, con la propria professionalità, mettendo a disposizione i propri mezzi. Un contributo significativo in questo senso è stato offerto anche dal corpo di polizia penitenziaria. Per ulteriori info vai al link: http://www.polizia-penitenziaria.it/
Alla prossima! Paola
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